Conflitti tra bambini: bisogna intervenire oppure lasciarli litigare?
Durante l’età dell’infanzia, è normale e fisiologico che i bambini litighino tra di loro, è un meccanismo naturale e funzionale per lo sviluppo e la crescita armonica del bambino, in cui si sperimenta ed entra in relazione con “altro” da sé.
I litigi tra i bambini rappresentano delle occasioni di crescita emotiva, cognitiva e sociale che non sono connotate con la cattiveria e la violenza intenzionale che a volte gli adulti attribuiscono a tali momenti, tanto da esaurirsi dopo pochi minuti, senza rancore o senso di vendetta, tornando a giocare serenamente insieme.
Spesso, infatti, gli adulti, ignorando la valenza positiva di tali interazioni, tendono ad intromettersi dopo pochi istanti, privando così i bambini di un patrimonio esperienziale estremamente utile alla loro crescita.
Perché i conflitti sono così importanti per un sano e funzionale sviluppo del bambino?
- Affermano loro stessi, ovvero si sperimentano e imparano a conoscere loro stessi in un contesto di limitazione in cui non possono fare tutto ciò che vogliono loro;
- Stanno in relazione, in un incontro-scontro con l’altro diverso da me
- Implementano il principio di realtà, pertanto imparano ad adattare i propri bisogni e desideri al contesto esterno di appartenenza e quindi alla realtà;
- Sintonizzazione emotiva, ovvero iniziano a fare esperienza delle proprie emozioni e di quelle degli altri, portandoli così a sviluppare una maggior empatia e consapevolezza di sé;
- Capacità di problem solving-creatività, cioè i bambini si sperimentano e si abituano a pensare da soli ad una soluzione a quel problema, sviluppando e implementando il proprio pensiero creativo.
Quindi, un adulto che assiste ad un litigio tra bambini (genitore, insegnante, educatore,…) cosa dovrebbe fare?
1. Non intervenire
L’intervento dell’adulto è inopportuno perché cerca di imporre una soluzione che spesso è molto distante da quella che in modo naturale trovano i bambini e perché l’adulto interviene interrompendo il litigio, non consentendo ai bambini di trovare da soli in modo creativo una soluzione che li porti a terminare la disputa.
2. Aspettare
È importante provare a non intervenire subito, lasciando così spazio ai loro tentativi di risoluzione del conflitto. Se la situazione degenera, l’adulto può avvicinarsi restando comunque in silenzio: lo sguardo dell’adulto è contenitivo e può anche essere severo per rimproverare o per mostrare il proprio disappunto.
3. Non fare da giudice
In alcune occasioni sono proprio i bambini a chiedere l’intervento dell’adulto che in questo caso non deve stabilire chi ha ragione e chi no, dovrebbe semplicemente evidenziare la ragione dell’uno e dell’altro, sollecitandoli a mettersi l’uno nei panni dell’altro.
4. Spronarli alla riflessione
Il compito dell’adulto non è quello di punire o di “bloccare” il conflitto con le classiche frasi “Basta, ho detto che non ci si picchia!”, “Smettetela non si deve litigare!”, “La finite di farvi male?! Basta!”, ma è quello di aiutare i bambini a riflettere sulle emozioni che stanno provando, stimolando un comportamento empatico e il confronto-ricerca di soluzioni efficaci per risolvere il conflitto.
Ricordate che un bambino che ha potuto sperimentare sin da subito la propria sana aggressività (per un approfondimento rimandiamo all’articolo sulla gestione della rabbia ) e i litigi, imparando a gestirli e risolverli, ha molte più possibilità di diventare un adulto in grado di affrontare in modo funzionale, sano e costruttivo le frustrazioni e le difficoltà che dovrà affrontare nel corso della sua vita.
Rubrica mensile di Psicologia a cura della Dott.ssa Giulia Braghetta
Psicologa dell’età evolutiva iscritta all’ordine degli psicologi del Veneto che svolge la libera professione in provincia di Padova e di Verona.
Collabora con diversi enti, comuni e scuole e ha pubblicato due libri nel 2016: “La violenza intrafamiliare nella coppia. Gli effetti della violenza perpetrata dal proprio partner” e “Costanza dei colori visti attraverso veli colorati reali. L’influenza di un filtro nella percezione del colore”.
Per domande o dubbi potete scrivere a: g.braghetta.psicologa@gmail.com
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